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Agghiacciante il Rapporto Eures di aprile - L’ultimo grido dei senza voce: un suicidio al giorno tra i disoccupati. Record di casi per motivi economici: i falcidiati dalla crisi sono lavoratori licenziati, disoccupati senza speranza, piccoli imprenditori PDF Stampa E-mail
Giovedì 03 Maggio 2012 09:33

disperato imgPartiamo dalla drammatica notizia di oggi (Corriere della Sera - 03 maggio 2012 - Cronache): gli ultimi tre suicidi, tutti nello stesso giorno, sono quelli di un muratore, un commesso e un immigrato! La perdita del lavoro o la sua mancanza, l'impossibilità di pagare il mutuo e di provvedere alla famiglia, l'angoscia di una vita senza futuro dignitoso hanno portato al suicidio ormai più di 70 persone dall'inizio del 2012, ma i dati non sono ufficiali e potrebbero essere molti di più! I dati certi hanno bisogno, anche in questi penosi casi, di tempo per essere rielaborati scientificamente: però abbiamo a disposizione le statistiche fino al 2010 …

… da varie cronache apparse in internet nel mese di aprile, da cui riprendiamo più parti e assembliamo redazionalmente, apprendiamo con sgomento la dimensione colossale del fenomeno dei suicidi per motivi economici. Le notizie di stampa che, di tanto in tanto, accennano a questi fatti, molto spesso si riferiscono ai soli, più o meno noti, imprenditori “falliti” perché questo fa più notizia … ma  il secondo Rapporto dell'Eures, “Il suicidio in Italia al tempo della crisi”, è molto preciso: soltanto nel 2010 sono stati 362 i suicidi dei DISOCCUPATI e questo ci lascia sgomenti: praticamente un suicidio al giorno. Nettamente superati gli anni precedenti con un trend di crescita SPAVENTOSO: 2009 – 357 casi, 2006/2008 - 270 accertati in media all'anno.  A riprova della correlazione tra il rischio suicidario e l’emarginazione economico-sociale anche i dati del 2011, ancora non rielaborati scientificamente, sembrano confermare questa drammatica tendenza e così, come già accennato in apertura, i fatti registrati nei primi mesi di quest'anno!

Il lavoro “che non c'è più” quindi uccide, infatti tra i disoccupati la crescita riguarda principalmente coloro che hanno perduto il lavoro (272 suicidi nel 2009 e 288 nel 2010, a fronte dei circa 200 degli anni precedenti), mentre meno marcato appare l'incremento tra quanti sono alla ricerca della prima occupazione (85 vittime nel 2009 e 74 nel 2010, a fronte delle 67 in media nel triennio precedente).

La crescita dei suicidi dei disoccupati tra il 2008 e il 2010 si attesta complessivamente al 39,2% del totale, salendo al 44,7% tra quanti hanno perduto il lavoro. Tra i maschi la cosa è  ancora più preoccupante (da 213 casi nel 2008 a 303 nel 2009 a 310 nel 2010), attestandosi a +45,5% tra il 2008 e il 2010, confermando così la “centralità del lavoro” nella definizione dell'identità e del “ruolo sociale” del maschio-lavoratore in una società sessista, messo in crisi dalla pressione psicologica derivante dall'impossibilità di provvedere e partecipare al soddisfacimento dei bisogni materiali propri e della famiglia.

Ma la gelata economica ha i suoi effetti negativi non solo sul lavoro subordinato e sui senza lavoro ma anche nella sfera del lavoro autonomo, inducendo al suicidio anche molti artigiani, commercianti e piccoli imprenditori, accomunati ai lavoratori dipendenti nell'essere le categorie su cui i grandi imprenditori e speculatori finanziari scaricano la crisi decennale:  nel 2010 si sono contate 192 vittime tra i lavoratori in proprio (artigiani e commercianti) e 144 tra gli imprenditori e i liberi professionisti (sono state 151 nel 2009), costituite in oltre il 90% dei casi da uomini, confermando come tutte le variabili legate a fattori materiali presentino indici di mascolinità superiori a quello già elevato rilevato in termini generali.

Quindi i rischi di suicidio nei momenti di difficoltà economica sono più alti tra i  disoccupati (soprattutto abbiamo visto tra ex lavoratori licenziati e tra gli “esodati”, come vedremo poi) e imprenditori/liberi professionisti: considerando l'indice di rischio specifico (suicidi per 100 mila abitanti della medesima condizione) sono i disoccupati a presentare l'indice più alto (17,2), seguiti con scarti significativi dagli imprenditori e liberi professionisti (10 suicidi ogni 100 mila imprenditori e liberi professionisti), seguono i lavoratori in proprio (5,5) e chiudono la graduatoria del rischio i  lavoratori dipendenti con contratto stabile (4,5). Lo spettro della povertà è anche alla base di numerosi atti estremi da parte di separati e divorziati, ambito che sarebbe a rischio suicidio 15 volte oltre la media soprattutto ancora tra i maschi.

Indicavamo nella categoria degli “esodati” un drammatico esempio di come la crisi “pesa” e di come l’addio alla vita sia sempre più in agguato, sono ex lavoratori che hanno tra i 45 e i 64 anni in cerca di nuova occupazione o  lavoratori usciti dal mercato del lavoro attraverso canali di protezione sociale e che l'attuale riforma Monti-Fornero del sistema pensionistico (in attesa di interventi correttivi) rischia di lasciare totalmente privi di reddito: l'incremento dei casi di suicidio è del 12,6% nel 2010 rispetto al 2009 e del 16,8% rispetto al 2008. L'incremento dei suicidi in questa fascia di età  è quindi legato alla “vulnerabilità” delle persone alle prese con gravi difficoltà di ricollocazione lavorativa. Disaggregando i dati troviamo nelle fasce di età tra 45 e i 54 anni un aumento del 13,3% rispetto al 2009, e in quella 55-64 anni un +10,5%, infatti sono fasce di età alle quali “non ti vuole assumere più nessuno” tanto più nell'attuale situazione e con la pensione che diventa un miraggio.

Un inciso: nella triste graduatoria del rischio suicidario relativo per il 2010  (media ti tutte le categorie economiche, salute, ecc. ecc. di suicidio rispetto alla popolazione)  la nostra regione Friuli V.G. si colloca drammaticamente al secondo posto (appena dopo la Valle d'Aosta) con  9 suicidi ogni 100 mila abitanti!

Una considerazione di chiusura: quando il premier Mario Monti e relativa maggioranza (Bersani, Alfano,Casini) per fronteggiare il tema del pareggio di bilancio e della crescita economica oltre la controriforma del lavoro continuano a seguire la stessa strada, la strada del macello sociale, concorrono a peggiorare le condizioni  del disastro sociale e umano per il mondo del lavoro che sono alla base delle drammatiche cifre sopra esposte. Colpire le classi meno agiate, tagliare i diritti, le pensioni non sembra stia risolvendo la crisi economica alla base della recrudescenza del rischio suicidario in Italia, anzi … sembra che la catastrofe si accentui. Forse nel dramma che accomuna, pur appartenendo a classi sociali differenti, lavoratori e disoccupati da un lato con artigiani e piccoli imprenditori dall'altro rispetto alle ricadute della grande crisi, pilotata dall'alto nell'interesse dei poteri forti italiani, si potrebbe intravvedere una possibile alleanza di interesse per mettere  in discussione la struttura più generale della società ed andare verso un'alternativa vera … riflettiamoci sopra, per poter andare, di fronte alla nuda e drammatica statistica o alla semplice cronaca giornalistica dei suicidi economici, oltre alla sfera del personale e tentare di passare a quella dell'impegno politico per cambiare lo stato di cose esistenti, forse unica speranza per chi ha perso tutto e forse anche alternativa alla pulsione di annichilimento della propria vita.

Gianni Urioni

Ultimo aggiornamento Lunedì 30 Luglio 2018 10:42
 
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